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Ipoglicemia - Diabetescore
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Indice

L’ipoglicemia
La storia dell'ipoglicemia
Le cause
Classificazione
Patofisiologia: effetti sul cervello
Segnali e sintomi di ipoglicemia
La terapia


Ipoglicemia (in greco υπογλυκαιμία) è un termine medico che indica uno stato patologico causato da (e definito come) un basso livello di zuccheri (glucosio) nel sangue. L'ipoglicemia provoca una nutrita serie di effetti e di sintomi, la maggior parte dei quali originata da uno scarso afflusso di glucosio al cervello, che ne riduce le funzioni (neuroglicopenia): questa diminuzione della funzione cerebrale può andare da un vago senso di malessere al coma e in casi rari alla morte. Una condizione di ipoglicemia può avere origine da molte cause diverse e può accadere a qualsiasi età.
Nella medicina popolare americana (familiarmente o fra amici) si parla di ipoglicemia anche per indicare uno stato di sbalzi di umore e di ridotta funzionalità cognitiva, ma che non è associato a un basso livello di glucosio nel sangue: il rimedio adottato è in genere un cambiamento nella dieta. Nella letteratura medica americana questo tipo di ipoglicemia è designato come ipoglicemia funzionale e presenta gli stessi sintomi dell'ipoglicemia reattiva, ma non è associata a bassi livelli di glucosio.

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La storia dell'ipoglicemia
Gli anni Venti dell'insulina portano alla ribalta di diabetici e diabetologi un nuovo sintomo: l'ipoglicemia, termine peraltro già usato nel 1870, in medicina sperimentale.
Si manifesta con segni neuro-vegetativi reattivi o con segni neurologici per sofferenza cerebrale, fino al coma, in seguito a caduta della glicemia per dose inappropriata di insulina. E' una osservazione subito piuttosto frequente (Lawrence, nel 1922), ma solo nel 1924, un general practitioner dell'Alabama, Seale Harris (1870- 1957), è colpito dalla somiglianza tra certi disturbi insorgenti spontaneamente in 5 suoi pazienti e quelli che poteva provocare l'iniezione di insulina nei diabetici. Ne discute con Banting, che è d'accordo sull'ipoglicemia, quale condizione speculare del diabete.
Nel 1927 giunge la presentazione Russel Morse Wilder (1885-1959) del primo caso di ipoglicemia spontanea, da tumore funzionante delle cellule beta-pancreatiche (iperinsulinismo organico: insulinoma) in un medico di 40 anni. La prima asportazione chirurgica completa di un insulinoma, con guarigione dell'ipoglicemia, è del 1929 (Evarts Ambrose Graham: 1883-1957). Un iperinsulinismo funzionale, iper reattivo allo stimolo insulino-secretore dei comuni carboidrati alimentari, con ipoglicemia alleviata dalla assunzione di zucchero, verrà più tardi provato con il dosaggio radioimmunologico dell'insulinemia, in soggetti a particolare personalità o a familiarità diabetica.
Nel 1932, intanto, J. Sigwald ha raccolto in una sua monografia 24 casi mortali di ipoglicemia insulinica nella letteratura mondiale. Sono storie dolorose di bambini diabetici sovra-insulinizzati in occasione di coma iperglicemico che, a glicemia normalizzata, manifestano sintomi neuroglicopenici irrimediabili.
Un capitolo a sé è rappresentato dalla cura di forme acute e croniche di schizofrenia a mezzo del coma ipoglicemico convulsivante (40-400 Unità di insulina endovena!!), terminato da infusione glucosata, che il viennese Manfred Sakel (1900-1958) sperimentò e introdusse dal 1927 al 1937. Il suo metodo, fisiopatologicamente interpretato (la distruzione ipoglicemica, al pari di quella prodotta dall'elettroshock, di neuroni malati, agenti disturbatori dei neuroni sani vicini), aspramente criticato ma sostanzialmente accettato, si diffuse ovunque e specialmente in USA, sopravvivendo perfino alla introduzione degli psicofarmaci.
Sakel sarà premiato, nel 1957, come inventore di una terapia fondamentale delle psicosi. La "piccola insulina"  (cioè la piccola dose) sarà vantaggiosa anche nelle nevrosi.
Fatto sta che l'ipoglicemia insulinica, fino alle sue estreme mortali conseguenze, ha preso posto nell'immaginario popolare e continua ad alimentare la cronaca e la letteratura gialla di questi ultimi decenni. Tra i romanzi, notissimo "Maledetto Ferragosto" di Renato Olivieri, ambientato a Milano (1989).
Nel 1960, il trattamento dell'ipoglicemia grave (convulsioni, coma) trova una risorsa pratica e sicura con la somministrazione intramuscolare del Glucagone.
La separazione del glucagone dall'insulina nell'estratto pancreatico fu realizzata da M. Biirger dal 1930 al 1940. La sua natura proteica (una catena lineare di 29 aminoacidi) fu stabilita da W.W. Bromer nel 1956; la sintesi completa fu ottenuta da E. Wiinsch nel 1967.

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Le cause
Le cause di ipoglicemia sono quasi sempre dovute:

a) per eccesso di insulina circolante, dovuto ad

  1. un errore nel calcolo della dose;
  2. un'irregolarità nei pasti per mancata o ritardata assunzione di carboidrati dopo aver praticato la terapia insulinica;
  3. una attività fisica intensa.

Questa ultima situazione è la causa più frequente dell'ipoglicemia: l'esercizio fisico, infatti, favorisce l'utilizzazione del glucosio da parte dei muscoli in presenza anche di modeste quantità di insulina. Per questo, quando l'attività fisica si può programmare, è necessario diminuire la dose di insulina, aumentare subito prima l'apporto dei carboidrati, non praticarla quando l'assorbimento di insulina è massimo o assente, evitare come sede d'iniezione zone in prossimità dei muscoli particolarmente sollecitati da un certo tipo di attività.
Talvolta l'ipoglicemia può verificarsi a distanza anche di 8-12 ore dopo un esercizio fisico prolungato ed intenso in quanto sono ridotti i depositi di glicogeno muscolare ed epatico che per essere ricostruiti dovranno sottrarre glucosio dal sangue con possibile effetto ipoglicemizzante prolungato (ipoglicemia tardiva).
Per evitare tale complicazione è utile controllare frequentemente la glicemia, aumentare l'apporto di carboidrati anche dopo l'attività fisica e diminuire la quantità di insulina intermedia serale. Il trattamento insulinico intensivo, oltre ad aumentare la frequenza dell'ipoglicemia durante il giorno, può determinare anche un maggior numero delle ipoglicemie notturne; tali episodi sono più frequenti tra le 2 e le 3 del mattino, momento in cui il fabbisogno di insulina è normalmente minore e l'azione dell'intermedia serale è al massimo dell'assorbimento.
Per prevenire l'ipoglicemia notturna, è utile controllare la glicemia alle 3 del mattino una volta la settimana soprattutto dopo un esercizio fisico e controllare regolarmente la glicemia alle 23 e, se la stessa minore di 120 mg/dl, assumere un piccolo spuntino con carboidrati ad assorbimento lento.

b) La causa più comune di ipoglicemia moderata è la mancata assunzione di nutrienti per un prolungato periodo di tempo (16-24 ore), tempo occorrente per esaurire le riserve di glicogeno epatico.

c) Una causa di ipoglicemia iatrogena frequente nei diabetici è l'accidentale (o intenzionale) sovradosaggio di farmaci antidiabetici o di insulina, oppure il non mangiare quando necessario dopo aver preso questi medicinali.

d) Un'altra grave causa di ipoglicemia è l'insulinoma, un tumore delle cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas, dovuto ad una superproduzione di insulina che si riversa nel sangue in dosi massicce. Dai livelli di peptide C nel sangue si può capire se l'insulina prodotta è di origine esterna o pancreatica.

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Classificazione
L'ipoglicemia nei diabetici è piuttosto comune e si risolve velocemente con un moderato apporto di carboidrati semplici; tuttavia nei csi di ipoglicemie gravi, se non si interviene immeditamente, si può arrivare alla perdita di coscienza.

Nei non diabetici l'ipoglicemia si differenzia in due casi:

  1. reattiva (postprandiale o comunque dopo i pasti): si ha circa 4 ore dopo aver mangiato; non tutte le cause sono ben comprese, e ci sono ancora pareri discordanti su quali siano le maggiori;  l'ipoglicemia reattiva può essere, se particolarmente severa, segno di prediabete in persone predisposte e con parenti malati;  e
  2. digiunale (postassorbitiva), che si diagnostica con un esame del sangue che mostri una glicemia sotto i 54 mg/dl dopo una notte a digiuno, fra i pasti o dopo esercizio fisico. Questa può essere sintomo di iperproduzione insulinica o di ridotta disponibilità delle riserve di glicogeno e alcune tra le cause possono essere l'assunzione di alcuni farmaci o di tossine, gravi malattie, alcuni tipi di tumori, carenze ormonali, alcolismo o alcune condizioni ricorrenti durante l'infanzia.


Si parla inoltre:

  1. di ipoglicemia funzionale quando la causa è un problema del metabolismo, e
  2. di ipoglicemia idiopatica quando invece non è possibile individuare una causa fisiologica definita per il basso valore di glicemia.
  3. di ipoglicemia asintomatica per indicare quelle persone (circa 1/5 delle persone) con diabete di tipo 1, le quali, dopo alcuni anni di malattia o comunque nell’adolescenza, perdono o comunque si riducono i sintomi o i prodromi di una crisi ipoglicemica. Mancando questi segnali di allerta ci si accorge troppo tardi dell’ipoglicemia e questo rende spesso necessario l’intervento di altre persone o il ricovero in ospedale. Studi recenti hanno dimostrato che i segni premonitori dell’ipoglicemia vengono avvertiti tanto più facilmente quanto più rare e modeste sono le ipoglicemie, e viceversa ipoglicemie frequenti e gravi abbassano la soglia di risposta dell'organismo (se la soglia normale è 50, tende a diventare 40 o 30). Si crea così un circolo vizioso nel quale il paziente, proprio perché va spesso in ipoglicemia, non si accorge più dei segni premonitori. A sua volta, questa ridotta sensibilità rende più serie e frequenti le ipoglicemie. Fortunatamente, la sensibilità all’ipoglicemia può essere migliorata se si riesce a mantenere per alcune settimane un controllo ottimale. In questo senso il microinfusore, che riduce il numero e la serietà delle crisi ipoglicemiche, è considerato uno strumento importante per ristabilire la sensibilità all’insulina.

L'ipoglicemia è considerata

  1. lieve quando il valore del glucosio è minore 60 mg/dl.: a questi livelli di glicemia, dapprima compaiono i sintomi adrenergici dovuti alla liberazione di adrenalina (tremore, pallore, sudorazione e tachicardia);
  2. moderato, quandi i valori di glicemia minore 40-50 mg/dl:  si manifestano i sintomi neuroglicopenici dovuti allo scarso apporto di zucchero alle cellule cerebrali (cefalea, confusione, debolezza, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, visione confusa, sonnolenza, apatia e linguaggio disarticolato);
  3. grave, quando i valori glicemici minori di 20-30 mg/dl: i sintomi possono essere la perdita di coscienza, convulsioni o coma, con l'impossibilità da parte del paziente di correggere autonomamente la crisi grave in cui si trova. 

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Patofisiologia: effetti sul cervello
Come la maggior parte dei tessuti animali, il metabolismo del cervello dipende principalmente dal glucosio come fonte di energia nella maggior parte dei casi. Alcuni tessuti, come i muscoli, il fegato, i reni, l'intestino e perfino i globuli bianchi, possono immagazzinare una certa quantità di glicogeno come riserva cui attingere se la glicemia scende troppo: il cervello invece non ha riserve e dipende interamente dal sangue per il rifornimento di glucosio necessario, che arriva ai neuroni e alle altre cellule nervose per diffusione dai capillari. Perciò, se la concentrazione di glucosio nel sangue diminuisce, il cervello è il primo organo a risentirne.
L'importanza di fornire la necessaria quantità di glucosio al cervello è evidente dal numero e varietà di meccanismi (nervosi, ormonali e metabolici) che scattano appena la glicemia scende sotto il livello di guardia; la maggior parte sono difensivi o adattativi, e tendono a ridurre il consumo di energia e ad alzare la glicemia agendo sulla glicogenolisi e sulla gluconeogenesi, o attivano fonti di energia alternative.

 

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Segnali e sintomi di ipoglicemia
I sintomi e gli effetti dell'ipoglicemia possono essere divisi in quelli prodotti

  •   dai sistemi di regolazione ormonali (adrenalina e glucagone) che si innescano al diminuire della glicemia, e
  •   dall'insufficiente apporto di glucosio al cervello (neuroglicopenici).

Inoltre si hanno gli:

  • effetti adrenergici: tremito, ansia, nervosismo, palpitazioni, tachicardia, sudore, sensazione di calore,pallore, sudore freddo,  pupille dilatate;
  • effetti glucagonici: fame, borborigmi, nausea, vomito, malessere addominale;
  • effetti neuroglicopenici: stato mentale alterato, instabilità; disforia aspecifica, ansia, depressione, pianto, paura di morire; pessimismo, irritabilità, aggressività, rabbia, cambiamento di personalità, instabilità emotiva; fatica, debolezza, letargia, sogni ad occhi aperti, sonno, confusione, amnesia, delirio; sguardo vitreo, visione doppia, visione sfocata; comportamenti automatici; difficoltà nel parlare; atassia, scoordinazione, a volte scambiate per ubriachezza;  problemi motori generali o localizzati, paralisi, emiparesi; parestesia, mal di testa; shock, coma, respiro anormale.

Non tutti i sintomi elencati compaiono in una crisi ipoglicemica e non c'è un ordine preciso fra essi. I sintomi di un particolare caso di ipoglicemia dipendono dall'età del paziente e dalla gravità dell'ipoglicemia.
Nei bambini, l'ipoglicemia mattutina con chetosi è spesso accompagnata da vomito; nei ragazzi e negli adulti un'ipoglicemia di media gravità può dare sintomi simili a quelli di una mania, di malattia mentale o di ubriachezza, mentre in persone più anziane i sintomi possono assomigliare a un ictus. Una stessa persona tende a presentare sempre gli stessi sintomi in episodi successivi.
Nei neonati può manifestarsi con irritabilità, malessere, spasmi mioclonici, cianosi, sudorazione, stress respiratorio con episodi di apnea, ipotermia, ipotonia, sonnolenza e rifiuto del cibo. Può rassomigliare a asfissia, ipocalcemia, sepsi o malattie cardiache.
Nei pazienti giovani che in quelli anziani, il cervello può abituarsi a bassi livelli di glucosio, con un'attenuazione dei sintomi esterni nonostante il problema neuroglicopenico. Nei pazienti con diabete insulino dipendente, questo fenomeno è detto ipoglicemia inconsapevole e rappresenta un grave problema clinico quando si ha la psicosi di mantenere un perfetto controllo glicemico.
Nella maggioranza dei casi, ipoglicemie tali da causare malori o stati di incoscienza possono essere risolte senza che il cervello subisca danni; casi di morte o di danni neurologici permanenti dovuti ad un singolo episodio di ipoglicemia si sono avuti solo in occasioni di stato di incoscienza molto prolungato e senza soccorsi, impedimenti alla respirazione, ulteriori malattie o incidenza di altre complicazioni. In ogni caso, una grave e prolungata ipoglicemia può a volte portare a danni cerebrali o alla morte.

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La terapia
Il miglior trattamento delle crisi ipoglicemiche è la loro prevenzione, conoscendo le possibili cause. Nel caso si presentassero manifestazioni cliniche, è necessario praticare un certo tipo di terapia, a seconda se la forma di ipoglicemia è leggera, moderata o grave.

La terapia standard prevede:

- nella ipoglicemia leggera o moderata

  1. interrompere qualsiasi attività;
  2. somministrare subito zuccheri a rapido assorbimento nella quantità di 15-20 grammi (3-4 zollette di zucchero, 1/2 bicchiere di succo di frutta, 1 bicchiere di coca cola, 2-3 caramelle);
  3. controllare la glicemia ogni 15 minuti;
  4. ripetere la somministrazione di zuccheri, se persistono i sintomi o se la glicemia è minore di 60 mg/dl;
  5. introdurre 20-30 grammi di carboidrati complessi per ristabilire la normoglicemia e ripristinare le riserve epatiche di glicogeno, qualora l'ipoglicemia si sia manifestata lontano dai pasti.

- nella ipoglicemia grave (il paziente non è in grado o comunque a fatica  a provvedere da solo alla correzione della stessa);

  1. iniettare glucagone (0.5-1 mg), a seconda dell'età del paziente;
  2. misurare la glicemia ogni 15 minuti;
  3. far assumere, appena possibile bevande zuccherate fredde a piccole dosi (per combattere il vomito che potrà seguire all'iniezione di glucagone);
  4. iniettare soluzione glucosata al 33% 0,5 g/kg e.v., se persiste uno stato di incoscienza dopo 15-20 minuti dalla somministrazione del glucagone;
  5. introdurre carboidrati complessi, quando la crisi ipoglicemica si è risolta, per ripristinare le riserve epatiche.

E' importante ricordare che i sintomi sono generalmente legati non tanto a quanto la glicemia è bassa, bensì alla velocità di caduta del valore glicemico. Inoltre è importantissimo tenere presente che l'evidenza dei sintomi non è correlata alla gravità della ipoglicemia. E' stato osservato che molti diabetici di tipo 1 sviluppano col tempo una sorta di "assuefazione" ai sintomi della ipoglicemia, una perdita dei sintomi di allarme (hypoglycaemia unawareness) o anche una variazione di essi che di fatto comporta un ritardo nella risposta terapeutica. La conferma dell'ipoglicemia va sempre ricercata quindi nel controllo del valore glicemico nel sangue capillare, tramite il glucometro.

Nella cura dell'ipoglicemia, riepilogando, occorre tener conto di tre variabili e due condizioni:

Variabili

  1. il momento in cui si verifica l'ipoglicemia, ossia se all'inizio o al termine della efficacia della somministrazione di insulina (quindi in relazione alla quantità di insulina ancora presente nel corpo);
  2. la massa corporea del soggetto; l'insulina è direttamente proprorzionata al peso: più grande è la massa coporea, più insulina occorrerà 
  3. l'età: ad un bambino in tenera età quindi con un peso inferiore occorrerà una minore quantità di insulina

Condizioni

  1. il paziente deve avere un compenso glicemico costante;
  2. l'alimentazione deve essere equilibrata basata su verdure e con la quantità di carboidrati richiesti per l'età quindi senza eccedenze. 

In genere una ipoglicemia si cura con lo zucchero puro, in zollette o bustine: con riferimento a queste ultime negli anni 40-50 le bustine avevano un peso di 10 gr.; infatti in quel periodo dopo la seconda guerra mondiale c'era necessità di calorie e si sopperiva a certe carenze alimentari con l'assunzione di una maggiore quantità di zucchero e lardo. Negli anni 70 la grammatura di zucchero è calata a 7,5 fino ad arrivare ai 5 gr di questi ultimi anni sia per fattori economici che per contrastare in parte al problema dell'obesità.

 Alcuni diabetologi anche in caso di ipoglicemia leggera, applicano la c.d. “regola del 15'”, in particolare per coloro che utilizzano il microinfusore:

  •  ai primi sintomi si assumono 15 grammi di zuccheri (3 bustine) o mezza lattina di una bibita zuccherata (succo di frutta o coca cola).
  • Quindici minuti dopo si rimisura la glicemia:
      • se resta molto bassa (sotto i 60-70 mg/dl) si può ripetere l'assunzione di zuccheri semplici e il controllo deve essere ripetuto finché non si rileva un valore glicemico vicino al valore ideale;
      • Se è sotto il valore ideale, ma non così bassa, si possono assumere carboidrati complessi (per esempio del pane). ossia si prendono 10 grammi di zucchero (un cucchiaino) e si aspettano 15 minuti; si misura la glicemia e si vede la tendenza della glicemia che può
        • aumentare,
        • rimanere stabile, o, addirittura
        • continuare a scendere.

Nei primi due casi si deve aspettare altri 15 minuti e monitorare la tendenza e comportarsi come nel terzo caso in appresso.
Nel terzo caso bisogna assumere altri 10/15 grammi di zucchero e aspettare altri 15 minuti e fare la glicemia; e così via fino a che la glicemia non torni ad aumentare.

In realtà questa regola rischia di far innalzare la glicemia oltre i valori standard giustificando iperglicemie (erroneamente imputate al c.d. effetto Samogy o rebound, che invece ricorre in tutt'altre altre ipotesi). Infatti a questa regola vi ci si potrà ricorrere solo nel caso in cui l'ipoglicemia si sia verificata nell'immediatezza dall'inoculazione di insulina quindi durante la fase di maggiore valenza ed efficacia  dell'insulina giustificando possibili ulteriori e repentine discese della glicemia.

Per cui ai fini del quantitativo di carboidrati da ingerire bisogna tener conto di tre condizioni:

  1. fattore temporale, ossia il tempo intercorso tra il momento in cui si verifica l’ipoglicemia e l’inoculazione di insulina: più il tempo è minore dall'inoculazione più c'è la possibilità di avere una maggiore quantità di insulina in corpo che può determinare diminuzioni di glicemia; più è lontano il tempo, minore sarà l'influenza dell'insulina ancora in circolo, quindi la possibilità di ulteriori diminuzione di glicemia
  2. il tipo di insulina a valenza immediata (rapida, ultrarapida) correlata alla valenza di quella lenta (lantus): questo fattore è importante perchè serve a capire la quantità quindi la valenza dell'insulina in corpo; così nel caso di insulina ultrarapida, l'ipoglicemia dopo 20 minuti dall'inoculazione, significa che l'ipoglicemia è forte e che potrebbero seguire ulteriori ipoglicemie se non si assume una quantità sufficiente di zucchero; idem nel caso di insulina rapida considerato che questa deve sta per partire (dopo circa 20/30 minuti); inoltre occorre tener conto pure dell'insulina lenta, perchè il rischio di ipoglicemie è maggiore nel caso in cui la insulina lenta sia ancora al massimo della sua valenza (tra le 4 e le 15 ore), quindi a colazione e a pranzo (nel caso di somministrazione alla sera precedente)
  3. quantitativo di insulina somministrata: non è scontato che ci si scordi di aver fatto l'insulina oppure in previsione di mangiare un dolce ci si sia fatta un maggior quantitativo di insulina, oppure ancora non si sia previsto di fare movimento e così via; è chiaro che maggiore è la quantità di insulina somministrata maggiore saranno le ipoglicemie    

L'unione o anche il verificarsi di una sola di esse condizioni dovrà essere considerata ai fini del calcolo di carboidrati da assumere:

  • più è vicino il tempo dalla somministrazione, maggiore è l'insulina in circolo, maggiore il quantitativo di zucchero da assumere (la regola del 15);
  • più è lontano il tempo, minore sarà l'insulina in circolo, minore il quantitativo di zuccheri evitandosi così iperglicemie quale conseguenza di ipoglicemie.

Diventa pertanto fondamentale valutare il momento in cui si sia avuta l’ipoglicemia, ovvero nell'immediatezza o al termine della massima efficacia dell’insulina ultrarapida (2 ore) e rapida (5 ore) e l’insulina lenta (dalle 8 alle 16 ore).

E’ opportuno sapere che 15 grammi di zucchero determinano aumenti di glicemia a più di 150 mg., con la conseguenza che questa può schizzare da 50 a oltre 200: in altre parole la regola del quindici, anche se i suoi effetti sono quasi immediati, potrà essere seguita  nel solo caso di ipoglicemie inferiori a 40 di glicemia, cioè in tutti quei casi si abbia un eccessivo quantitativo di insulina nel corpo per cui è richiesto molto zucchero per uscire dalla crisi ipoglicemica.
Nella maggior parte dei casi (quindi nei casi che oscillano da 30 a 70) e/o soprattutto dopo che questa si verifichi dopo l’orario di massima efficienza dell’insulina (ossia quando questa incomincia a diminuire in circolo come nel caso di glicemia misurata alle ore 24,00 dopo che il soggetto abbia fatto l’insulina alle ore 20,00 e mangiato), in questi casi può essere sufficiente un bicchiere di latte (che ha un elevato indice glicemico: la glicemia può passare da 70 a 120) oppure un frutto, come pure valori glicemici che si aggirano verso le ore 24.00  sui 120 mg.  non richiedono l'assunzione di alcun carboidrato .

Una particolare attenzione merita il frutto della banana il quale ha un elevato contenuto calorico, che quindi può andar bene già con le ipoglicemie gravi (può far alzare i valori della glicemia da  50 a 150 (in base al grado di maturazione del frutto). Lo svantaggio che rispetto allo zucchero ha un leggero ritardo di azione (circa cinque minuti) ma ha il vantaggio di correggere l’ipoglicemia evitando il rischio di iperglicemie da correggere con ulteriori iniezioni con l'avvertenza che nei casi in cui questa si verifichi al termine della valenza della insulina, c'è il rischio di iperglicemie (oltre i 200 mg.).

Con l'educazione terapeutica e l'autogestione è necessario imparare a riconoscere i fattori di rischio che possono sbilanciare il compenso tra alimentazione-attività fisica-insulina verso un eccessivo abbassamento del valore glicemico e tenere il più possibile sotto occhio l'evoluzione della glicemia. Serve inoltre a studiare le ipoglicemie stesse, capire quali fattori le hanno determinate.  Importante sapere che iniziare lo sport in una situazione di iperglicemia ed assumere altri carboidrati potrebbe signifare terminare lo sport in forte iperglicemia (cfr. iperglicemia).        

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Fonti:
http://www.museodeldiabete.com/storia15.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Iperglicemia
http://it.wikipedia.org/wiki/Ipoglicemia
http://it.wikipedia.org/wiki/Glicemia
http://www.my-personaltrainer.it/glicemia.htm
http://www.diabete.it/pico/view.asp?IDVoce=32
http://www.noidiabetici.it/index.php?option=com_content&view=article&id=87&Itemid=83
http://www.globalrph.com/conv_si.htm#Galactose (per la conversione del glucosio)
http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=5286
http://www.assitdiab.it/portal/index.php/prevenzione
http://www.dm1.it/adulti/microinfusori/123domande/view.asp?ID=4‎