L’ultima frontiera della ricerca scientifica sulle malattie autoimmunitarie, la cui insorgenza è legata al fatto che l’organismo non riconosce alcune sue cellule e le attacca come se fossero agenti estranei, è l’utilizzo delle nanotecnologie che hanno già dato i primi risultati sulla sclerosi multipla e la cui efficacia è ora oggetto di studio anche per il diabete di tipo 1.
La possibilità di somministrare i farmaci solo nei punti precisi in cui servono è uno dei grandi sogni della medicina. Il ponte verso questo futuro che molti vedono come prossimo è fornito dalle nanotecnologie che, nell'enorme numero di applicazioni, consente anche di realizzare minuscole capsule in grado di veicolare i principi attivi nell'organismo, liberandoli là dove servono.
Negli Stati Uniti (da un gruppo del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering della Harvard University and Children's Hospital Boston) è stata sviluppata una metodica di somministrazione intelligente di farmaci per combattere il diabete di tipo 1: nanofarmaci intelligenti iniettabili e programmabili per arrivare fino alle cellule del pancreas.
Più esattemente un nanonetwork composto di molecole (enzimi) che contengono insulina e viaggiano nel sangue di un diabetico; grazie ad un sistema di valvole la rilascino se i livelli di glicemia sono tropp alti, la bloccano se sono normali.
Più esattemente un nanonetwork composto di molecole (enzimi) che contengono insulina e viaggiano nel sangue di un diabetico; grazie ad un sistema di valvole la rilascino se i livelli di glicemia sono tropp alti, la bloccano se sono normali: nanoparticelle iniettabili e intelligenti, in grado di rilasciare il principio attivo solo nei punti precisi in cui serve più esattamente in risposta ai cambiamenti di glucosio nel sangue. Si compone di una rete di nanoparticelle che rilascia insulina: ciascuna delle nanoparticelle ha un nucleo di insulina, una catena di molecole caricate chiamate destrano e l’enzima glucosio ossidasi. Quando i livelli di glucosio nel sangue sono alti, il glucosio ossidasi trasforma lo zucchero in acido gluconico, il quale a sua volta rompe le catene di destrano che rilasciano insulina.
Nei test in vitro, il dispositivo ha dimostrato una notevole capacità di proteggere il principio attivo e di concentrarlo nei siti bersaglio (red): è stato osservato un incremento di 200 volte nella capacità di questi nanomaterali sia di proteggere il farmaco dalla degradazione sia di concentrarlo nei siti bersaglio, ovvero le regioni del pancreas che contengono le cellule che producono insulina.
Il sistema è attivo una settimana, poi un'altra somministrazione.
Questo sistema di nanoparticelle controlla i livelli di zucchero nel sangue e rilascia insulina quando i livelli di glucosio sono troppo alti e si è dimostrato funzionare nelle cavie. Si spera che gli stessi effetti possano riscontrarsi sull’uomo. I meccanismi prodotti dalle nanoparticelle farebbero rientrare alla normalità il tasso di glucosio nel sangue. Nelle cavie, una singola iniezione ha mantenuto normali i livelli per 10 giorni. “Questa tecnologia crea effettivamente un sistema a circuito chiuso che mima l’attività del pancreas in una persona sana, poiché rilascia l’insulina in risposta ai cambiamenti di livello del glucosio”, ha detto in un comunicato stampa Gu Zhen, autore principale dello studio e assistente professore nel biomedicale presso la North Carolina State e la University of North Carolina di Chapel Hill.
Lo studio è stato pubblicato di recente sul Journal of Agricultural and Food Chemistry.
Fonti
http://www.lescienze.it/news/2012/01/16/news/nanofarmaco_pancreas_diabete_di_tipo_1-794983/
http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/nl203334c?prevSearch=%255BContrib%253A%2BIngber%255D&searchHistoryKey=
http://www.urcaurca.it/nanoparticelle-per-il-diabete-tipo-1.html
http://www.diabete.net/notizie/diabete-tipo-1-possibilita-di-terapia-con-le-nanoparticelle/
Rivista Panorama del 19 giugno 2013, pg.47